La storia

La particolare morfologia dell’Altopiano delle Rocche ha sempre condizionato le vicende storiche di questo territorio e ne ha provocato un isolamento quasi costante nel corso dei secoli. Una serie di barriere naturali ed i frequenti periodi di innevamento hanno sempre reso difficoltose le comunicazioni con i territori circostanti, rendendo inoltre obbligatori quasi tutti i percorsi.

In epoca pre-romana l’Altopiano delle Rocche costituiva una zona di confine a cavallo com’era dei Vestini, dei Marsi, degli Equi e, marginalmente, anche dei Sabini e dei Peligni. In epoca romana, dopo la guerra sociale, l’Altopiano, che faceva parte della Regio IV dell’impero, era situato tra due grandi assi stradali: la Claudia Nova e la Tiburtina Valeria. E’ certo che dovesse esistere un collegamento secondario, attraverso l’Altopiano delle Rocche quale derivazione della Claudia Nova. Esso andava, presumibilmente, da Aveia (Fossa) ad Alba Fucens, passando per Frustema (centro a tutt’oggi non identificato) ed ha sempre costituito nei secoli successivi il percorso più breve tra la conca aquilana e la Marsica.

Dopo la caduta dell’Impero romano, l’Abruzzo subisce la conquista dei Longobardi che passa attraverso la distruzione di molti centir di quella che era stata la Provincia Valeria i cui abitanti furono costretti a rifugiarsi sulle montagne circostanti. Di qui nacquero nuove esigenze di difesa e proprio a questo periodo si può far risalire la formazione dei centri dell’Altopiano delle Rocche che, molto probabilmente, fu preceduta da insediamenti di carattere temporaneo.
In tale situazione di incertezza e di pericolo costante tra il X e l’XI secolo si ebbe la decadenza di numerosi piccoli villaggi e castelli che proprio per questioni di sicurezza tesero a riunirsi nei centri maggiori: in particolare sull’Altipiano delle Rocche le comunità di S. Bartolomeo dell’Anatella, di S. Marco all’Intera, di S. Damaso a Valle Caldora e di S. Savino sotto il monte Cedico, confluirono a formare Rocca di Mezzo. Processi analoghi avvennero per Ovindoli, dove esisteva un insediamento a Val d’Arano, e per Rocca di Cambio. Intorno alla metà del XIII secolo si completò dunque questo fenomeno di aggregazione (incastellamento).

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La festa del narciso

Un modo diverso per scoprire Rocca di Mezzo, un centro turistico d’eccellenza dove, sia d’inverno sia d’estate è possibile esplorare la montagna circostante, con ascensioni ai monti Rotondo, Velino, Puzzillo, Morrone e Cornacchia, è la “festa del Narciso”.

È a primavera che si compie il “trionfo dei narcisi”, che si arrampicano dappertutto macchiando di bianco il verde dei prati dell’altipiano. A questo fiore, simbolo di una antica tradizione pastorale ormai al tramonto, è dedicata una festa che si svolge annualmente a Rocca di Mezzo l’ultima domenica di maggio. In questo giorno una schiera di carri allegorici, tappezzati di bianchi narcisi, sfila per le strade e le piazze del paese, avvincendo gli spettatori con l’intenso profumo dei fiori e le loro spettacolari ed elaborate trame.

All’evento, organizzato dalla Pro Loco di Rocca di Mezzo con il Patrocinio del Comune, possono partecipare tutti gli abitanti del paese e anche quelli dei paesi vicini. Ciascun carro, la cui preparazione richiede almeno un mese di lavoro, viene ricoperto di narcisi durante tutta la notte precedente la sfilata, grazie alle abili mani degli artisti locali che hanno tagliato, attaccato, fatto, disfatto e ricomposto disegni, forme e scenografie.

Importante è il ruolo dei bambini, infaticabili nel raccogliere nei prati i celebrati fiori dell’altopiano delle Rocche, e utilissimi nella fase di costruzione. Sono infatti necessarie centinaia di migliaia di narcisi per rivestire le pareti dei manufatti, e gli steli devono essere infilati uno a uno, con pazienza infinita, nella rete che riveste le complesse strutture. E le dita sottili e veloci dei bimbi sono l’ideale per questa operazione. Le scene trasportate dai carri sono prese dalle favole, dalla storia, dalla letteratura, dalla cronaca, dall’attualità, dalla natura. Su ogni carro giovani e anziani, bambini e adulti giocano a interpretare ruoli moderni o antichi a seconda dei casi, cantando e recitando tra gli applausi e i cori degli spettatori. La giornata si conclude con la premiazione del carro più bello e con l’esibizione di bande e gruppi fokloristici.

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Il Monte Velino

Il Velino è il primo baluardo montuoso che s’incontra viaggiando dalla capitale in direzione est.

“La montagna di Roma” – scriveva un decennio fa Stefano Ardito, “(…) per chi vive a Roma quella montagna è un segnale.”

Altri acuti osservatori prima di lui, avevano già descritto questa impressione, come Vincenzo Abbate, che sul Bollettino del Club Alpino Italiano n. 68 dell’anno 1902 scriveva: -“Più volte ho avuto l’occasione di nominare il Velino in questi miei decenni ed è raro trovare una cima dell’Abruzzo e della provincia di Roma da cui non si scorga, più o meno da vicino, la sua punta piramidale: anche da Roma è il monte più alto che si scorge all’orizzonte ed il primo che si veda scintillare delle nevi invernali.”

Come la scrittrice Mcdonnel: – “Guardando attentamente da Roma verso est, oltre le alture più vicine che circondano la campagna romana, si vedono ergersi in lontananza figure imprecise, simili a nuvole immerse nel blu (…) simili a sentinelle all’erta su una frontiera. (…) dai pendii più alti delle tre piramidi del Monte Velino scorgerai la meraviglia di questa terra ed il terrore che nello stesso tempo essa suscita: catene di montagne che si susseguono ed una barriera dopo l’altra isolano valli da altre valli (…)“-.

O come Steinitzer: -“Per quanto riguarda il panorama e l’orientamento oserei assegnare al Velino, senza alcun dubbio, la palma del monte più bello dell’Abruzzo (…). Con un buon cannocchiale si potrebbe osservare forse dal Velino anche la cupola di San Pietro.” -.

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Il Parco Sirente-Velino

parco sirente-velino

L’Altopiano delle Rocche nel parco naturale L’Altopiano delle Rocche, la media Valle dell’Aterno, la Valle Subequana e la Marsica settentrionale sono le quattro zone che costituiscono il Parco Naturale Regionale del Sirente-Velino che oggi, dopo oltre venti anni dalle prime proposte, sta diventando una realtà: un territorio ricco di storia, di pregevoli presenze storiche, architettoniche ed archeologiche, di ambienti naturali unici, di suggestivi scenari appenninici, di presenze faunistiche e floristiche rare.

Ognuna delle quattro zone citate ha caratteristiche diverse e proprio questo rende il Parco del Sirente-Velino del tutto originale.
L’Altopiano delle Rocche è caratterizzato da un sistema di altopiani posti a quote diverse 1) Altopiano di Rocca di Mezzo 2) Altopiano di Ovindoli 3) Altopiano dei Piani di Pezza 4) Piano del Sirente 5) Piano di Iano Circondati da alcune delle catene montuose più imponenti di tutto l’Appennino: il massiccio del Velino con le cime gemelle del Velino (2.486 m. s.l.m.) e del Cafornia (2.424 m. s.l.m.), il massiccio del Sirente dall’aspetto dolomitico nel versante settentrionale e dolcemente degradante in quello meridionale e con la vetta a 2.348 m.s.l.m.

Pascoli di alta quota e faggete imponenti come quella del Sirente che si estende per oltre 15 Km, fanno dell’Altopiano delle Rocche uno degli ambienti più interessanti dell’Appennino centrale; non a caso in questa zona nidificano ben quattro coppie di aquile: una delle più alte concentrazioni d’Italia. Di notevole interesse ambientale sono poi i centri storici che presidiano l’Altopiano: Ovindoli, Rovere, con il suo borgo fortificato medioevale in corso di restauro, Rocca di Mezzo, sede del Parco, Rocca di Cambio, con la chiesa romanica di S. Lucia che presenta al suo interno un interessantissimo ciclo di affreschi, Terranera e Fontavignone.

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